Massimo Bottura è tutto un personaggio. Un personaggio vivo, entusiasta, pletorico, esultante,… che trasmette un impegno quasi patologico con l’arte culinaria. Abbiamo visto pochi chef così appassionati e convinti che volere è potere. Superando tutti gli ostacoli, questo chef tardivo e autodidatta si è alla fine convertito in uno dei massimi esponenti della cucina mondiale. È passato per diversi stadi, alcuni evoluzionisti e altri trasgressori, con piatti certamente astratti, sino a giungere al momento attuale in cui convivono esperienze emozionali e intellettuali diverse, ora espresse nell’eccellenza. La maturità si degusta sia in un’ispirazione arguta di taglio tradizionale impregnata di indubbia personalità, sia in un’allucinante creazione avanguardista destinata a portarci in un’altra galassia. Ci troviamo, infatti, al cospetto di composizioni d’autore, vibranti e ardite. Gastronomia entusiasmante diretta al palato e alla mente, che produce un immenso piacere, sia carnale che cerebrale.
Che Massimo sia un ricercatore di tecniche, che utilizzi procedimenti insoliti nella manipolazione degli ingredienti, per offrire nuove sensazioni e migliori risultati, non vuol dire che la sua cucina non abbia molto di terrestre. È insuperabile nell’uso del prodotto: il miglior parmigiano-reggiano, il miglior aceto di Modena, i migliori cotechini e zamponi,... si sente eticamente obbligato all’impiego di materie prime da 10. La sua cultura è italianissima, anche se sostanziata nel conoscimento universale. Ed è proteiforme nelle sue espressioni, nonostante tutto raffinatissime.
Ricordi dell’infanzia: una spuma di mortadella con un pane saporito e croccante e una sfilza di pinoli tritati; cambia il design e le strutture riproducendo con somma delicatezza la memoria gustativa. In una linea simile di semplicità e purezza, abbiamo gli gnocchi fritti con culatello e pancetta con mostarda di melone bianco e mela, oltre a confetture di frutta rossa. Non si può rendere più leggero e perfetto un qualcosa di così primario. Insolita la squisita zuppa fredda e calda di patate e radici con neve di barbabietola. Che dire dei magnifici ravioli ripieni di cotechino e lenticchie saltati con burro, in cui il maiale e il legume si percepiscono come sono, immacolati, come se la pasta non li avvolgesse, convertendosi questa in complemento, o almeno condividendo il 50% del protagonismo con le lenticchie e il cotechino: sublimi. La pasta ha sapore di pasta e il ripieno ha il sapore di ognuno degli elementi che lo compongono, laccati con una specie di gelatina tiepida. Ingegnosissimo modo di offrire una versione inedita delle lumache alla bourguignonne: con funghi porcini, nocciole, pepe rosa e succo di prezzemolo, nascosti sotto una coltre di spuma d’aglio. Chiaroveggente reinvenzione della tradizione impiegando le tecniche d’avanguardia in funzione dell’idea e del sapore. Con “Iceland” si supera: non si sa con certezza se ci si trova al cospetto di un’insalata o di un sorbetto, o di entrambi allo stesso tempo: mela e cetriolo sotto forma di ghiaccio, cioccolato, dattero, fragoline, nocciole, delle briciole che ricordano il panpepato... un colpo di genio. Magistrale e che fa faville il nobilissimo lattonzolo laccato con aceto balsamico che appare ornato da spinaci, aromi di pino, purè di patate, succo d’anice,... mille sfumature che marcano la differenza in una costruzione ortodossa. Geniale un altro modo iconoclasta d’interpretare una ricetta storica: una crosta di pane fortemente impregnata di aromi ospita una tartara di lepre saltata con una salsa piccante del suo sangue e vino rosso. Carni crude e contorno stufato e concentrato. Si tratta di una lepre in salmì? Audace e meravigliosa.
Pasticceria a sua volta propria di un MUST mondiale. Il pomodoro candito alle spezie con spuma di mozzarella e tartufo bianco è un’altra panoramica dell’Italia profonda vista in tre dimensioni. E il demi soufflé di panettone, veramente etereo, conferma per l’ennesima volta la filosofia dell’artista e la sua tecnica. Più talento nei maccheroni dolci, conditi con foie gras e tartufo bianco.
Reinventore da un prisma eccezionale e molto, molto peculiare di un paese e di un mondo.