El Bulli: ¿10?

La notizia, che era già notizia l’anno scorso, è che Ferran Adrià ha cessato di essere un provocatore, ha definitivamente abbandonato la provocazione. Quando gli chiediamo il perché, la risposta è stata lucida. Con un tono un po’ scanzonato risponde: “Ti sembra poco provocante che a El Bulli abbiamo soppresso il pane?”. “A dire il vero non mi era assolutamente mancato”, gli abbiamo risposto, “Del tutto? Lo avete abolito?”. “Quasi! Quasi non lo mettiamo, ma se qualcuno lo reclama, non glielo neghiamo, lo portiamo, pero solo se ce lo chiede espressamente”. Quindi il genio di Roses (Girona) ha giustificato la bravata: “Allora era necessario, si doveva attirare l’attenzione, si doveva invitare alla riflessione...”. Probabilmente oggi nessuno mette in discussione Ferran, nessuno lo discute né ha bisogno di discutere la sua opera. Sicuramente gli anni ammansiscono le fiere. Ad ogni modo, attualmente il commensale non si sente sfidato.

Chiaro che una lettura malevola potrebbe dar luogo a cattivi pensieri. Adesso che in tutti i ristoranti di alta cucina abbondano e ridondano le gelatine come salse, perché nel 2005 sono state soppresse nella loro pratica totalità a El Bulli?

Che è successo perché la passione giapponese sia diventata quasi un aneddoto, ridotta a poco più di una ricetta di diversi tipi di alghe trattate in modo diverso in compagnia di cozze selvatiche e del loro prelibato sugo? Ciò, e poco più che l'impiego di un tocco di wasabi, rappresenta un giro sostanziale rispetto al protagonismo che ha avuto come fonte d’ispirazione nel passato.

Un altro cambio rispetto a tappe anteriori. Prima, ogni stagione era fortemente impregnata di una tecnica, su cui si basavano tutte le ricette: mare e montagna, spume, gelatine calde, ecc. Nell’ultimo esercizio hanno spiccato notoriamente due tendenze, anche se non sono giunte a marcare l’opera come l’epoca... Rappresentano innovazioni concettuali e tecniche rilevanti, ma in un complesso esuberante di ricchezza, in cui esprimevano una tendenza di ricerca. Ciò che prevale è la pluralità, al punto che il commensale non può prevedere che tipo di piatto verrà dopo, rimanendo totalmente esaltato dalla grandiosità, dai mille fondamenti in cui si esprime l’arte.

Dentro questa magnitudine ci sono due apporti storici. Il primo è un’evoluzione dell’anno scorso: l’aria. Il già celebre succo di carota frullato sino ad ottenere un qualcosa di simile all’aria si è convertito adesso in mille arie che s’impiegano come condimento. Siamo passati da un’idea illuminata, che in sé stessa era un po’ banale, a un impiego bello, sottile e arricchente di facilissima preparazione. E l’altra tecnica, quella che marca il 2005, è la liofilizzazione. Mediante questo sistema si estrae l’acqua dagli elementi o dai preparati, ottenendo due obiettivi: concentrare il gusto degli ingredienti e dare differenti consistenze secche ai piatti salati, cosa che sinora era riservata ai dolci. Ci sono una decina di esempi geniali, tra cui ci permettiamo di citare il disgelo (quattro consistenze di pigna tenera di pino con caffè, liquirizia, germogli, germinati e fiori) e la minestra di tartufi con pistacchio-lyo e aria di mandarini.

La cucina di Adrià ha abbandonato totalmente l’eccentricità, l’esotismo... insomma, la radicalità, per superarsi in creatività e in perfezione. Sicuramente, neanche l’uno per cento dei visitatori di El Bulli può giungere a comprendere la grandezza dei trenta piatti che vi si offrono, neanche l’uno per mille. Ciò che ha cambiato è che qualsiasi persona sente che si trova davanti al più grande chef di tutti i tempi.